· iscrizione all’AIRE
· effettiva residenza
· domicilio, inteso quale sede principale degli affari o degli interessi economici e delle proprie relazioni personali
Quest’ultimo aspetto è ampiamente trascurato in sede di valutazione del trasferimento della residenza all’estero da parte di una persona fisica residente e comporta, molto frequentemente, una contestazione da parte dell’amministrazione finanziaria e l’instaurazione di un successivo contenzioso.
Secondo la precisazione della Suprema Corte (massima sotto citata): “i giudici d'appello …, hanno ritenuto, sulla base di una argomentata serie di elementi, che il centro degli affari e degli interessi economici e morali del contribuente fosse in Italia, essendo risultato il suo pieno coinvolgimento nelle vicende economiche e morali della famiglia … e delle società ad essa facenti capo.”
Viene quindi stabilito che: “… per la configurabilità della residenza fiscale nello Stato, (sono da considerare i) tre presupposti, indicati in via alternativa, il primo, formale, rappresentato dall'iscrizione nelle anagrafi delle popolazioni residenti, e gli altri due, di fatto, costituiti dalla residenza o dal domicilio nello Stato ai sensi del codice civile, …”
In merito all’iscrizione all’AIRE, si precisa che: “l'iscrizione del cittadino nell'anagrafe dei residenti all'estero non è elemento determinante per escludere la residenza fiscale in Italia, allorché il soggetto abbia nel territorio dello Stato il proprio domicilio”.
RESIDENZA FISCALE
Per “residenza normale” si deve intendere il luogo di dimora abituale, rappresentato dalla permanenza nello stesso luogo per almeno 185 giorni all’anno, in considerazione dei legami personali e professionali, “oppure, nel caso di una persona senza legami professionali, a motivo di legami personali che rivelano l’esistenza di una stretta correlazione tra la persona in questione e il luogo in cui abita”. Inoltre, i commi 1 di ambedue gli articoli proseguono disponendo che “Tuttavia, nel caso di una persona i cui legami professionali siano situati in un luogo diverso da quello dei suoi legami personali e che pertanto sia indotta a soggiornare alternativamente in luoghi diversi situati in due o più Stati membri, si presume che la residenza normale sia quella del luogo dei legami personali, purché tale persona vi ritorni regolarmente.
(Art. 4 modello OCSE – Tie Break Rules; Direttive del Consiglio nn. 83/182/Cee e 83/183/Cee; sentenze della Corte di giustizia nn. C-262/99 del 12 luglio 2001 e C-156/04 del 7 giugno 2007 e C-392/05 del 26 aprile 2007).
DOMICILIO
Ai fini della definizione, tanto per l’Amministrazione Tributaria che per la Giurisprudenza della Suprema Corte, il concetto di “domicilio fiscale” appare, da sempre, quantomeno discrezionale.
Nella citata sentenza, viene chiarito che si deve intendere per domicilio fiscale la sede principale degli affari ed interessi economici, nonché delle proprie relazioni personali, non risultando determinante, a tal fine, il carattere soggettivo ed elettivo della "scelta" dell'interessato - rilevante solo quanto alla libertà dell'effettuazione della stessa, ma non ai fini della verifica del risultato di quella scelta - ma dovendosi contemperare la volontà individuale con le esigenze di tutela dell'affidamento dei terzi, per cui il centro principale degli interessi vitali del soggetto va individuato dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi viene esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi (v. tra le altre Cass. n.14434 del 2010).
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